Francesca Scotti

Biografia

Classe 1991, vive tra Brescia e la Franciacorta. Ha studiato letteratura inglese e tedesca, laureandosi con una tesi sui rapporti fra la cultura tedesca e il nazionalsocialismo. Nutre un amore sconfinato per la storia, in particolare per quella della Resistenza italiana. Ha esordito con il libro di racconti “La memoria della cenere” (Morellini, 2016). Tra il 2018 e il 2024 ha pubblicato con Edikit quattro romanzi che compongono una saga familiare ambientata in terra bresciana durante l’arco del Novecento: “Figli della Lupa”, “Vento porpora”, “La fedeltà dell’edera” e “Come musica azzurra”. Curiosa e irrequieta, trova equilibrio, energia e ispirazione nella musica rock e metal. Non può stare per troppo tempo senza queste tre cose: rivedere Roma, scarpinare in montagna e stravolgere qualche abitudine.

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Reels per giovani boomers - Fabrizio Duina e Fabri Fiacca

Non sapendo fare i reel, Fabrizio Duina, in arte Fabri Fiacca (come viene ben spiegato nel primo capitolo), ha deciso di scrivere un libro, ovvero di fare reels (ci tiene a scriverlo con la “s“ finale) in forma cartacea. “Reels per giovani boomers“ (Calibano Editore, 2024) è un esperimento letterario d’esordio dal sapore artistico, che si sviluppa in reels-capitoli su svariati argomenti. Ventisette in tutto, dove l’autore, quarantenne, ha potuto esprimere se stesso, attingendo al suo vissuto, in una forma più congeniale alla sua naturale, scarsa, inclinazione per le tecnologie digitali. Come nei veri reel, ogni capitolo ha la sua colonna sonora, il brano che il lettore dovrebbe ascoltare durante la lettura. Ovviamente secondo i gusti di Fabri Fiacca, ci sono soprattutto cantautori italiani: da Ligabue a Caparezza, da Cesare Cremonini a Lucio Battisti, ma anche Afterhours e Baustelle… Nel testo, poi, accanto a suggerimenti musicali, non mancano citazioni cinematografiche e film consigliati.

Vicende della sua vita personale sono così snocciolate in modo originale, scorrevole, rapido, digeribile, anche grazie al generale mood ironico. Talvolta un reel contiene anche una breve storia, un racconto nel racconto, o più aneddoti, comunque in coerenza narrativa con il contesto del capitolo. Altre volte, l’autore si rivolge in maniera così diretta e colloquiale al lettore da rendere in modo efficace, seppur cartaceo, l’effetto meta-cinema di quando un attore guarda in camera parlando fuori dal film.

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Tutti i fiori della mia estate - G. Anna

Matilde sa bene cosa vuole dalla sua vita, ha un buon fidanzato e una migliore amica che ama alla follia. Ma, in una calda giornata di agosto, la sua vita viene sconvolta dalla notizia della morte della madre: Petra, esperta botanica, che ha preferito amare le piante piuttosto che la figlia, abbandonandola e sparendo nel nulla per anni.

Matilde si trova costretta quindi a raggiungere Nardovino, un paese di montagna (il nome è di fantasia) abbarbicato fra i monti bresciani per i funerali. È proprio qui che i suoi piani vengono stravolti: la natura risveglia in lei emozioni soffocate e ricordi offuscati dalla rabbia. Matilde deve così affrontare il dolore per un lutto che la colpisce più duramente di quanto pensasse, affrontando un vero e proprio viaggio interiore, nel quale comprensione e accettazione, ma soprattutto amore, rappresentano le uniche bussole per orientarsi fra gli imprevedibili sentieri della vita. E, come se non bastasse, a destabilizzare l’equilibrio precario delle sue convinzioni, si intromette lo scorbutico e affascinante Eric, con il quale instaura inizialmente un rapporto di odio influenzato da pregiudizi che il tempo e la sincerità tramuteranno in qualcosa di più profondo e travolgente.

G. Anna è lo pseudonimo di Giada Guerreschi e Anna Pace: amiche e lettrici appassionate di viaggi e fiori, karaoke e gatti, credono nelle storie d’amore autentiche, senza però disdegnare i fantasy. “Tutti fiori della mia estate” (Piemme, 2024), il loro romanzo d’esordio, è una lettura ideale per giovani adulti alla ricerca di sé stessi e della propria identità.

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La "Fabrica" della Via Crucis - a cura di Marco Albertario

Cerveno è un piccolo borgo medievale raccolto alle pendici del monte Concarena in media Valcamonica. Se in anni recenti è diventato anche luogo di transito di tanti escursionisti che percorrono l’Antica via Valeriana, in passato è stato soprattutto un importante luogo di devozione per i valligiani.

Dalla metà del XVIII secolo, Cerveno ospita infatti il santuario della Via Crucis con le varie stazioni costituite da gruppi scultorei realizzati in prevalenza dall’artista Beniamino Simoni con uno stile decisamente peculiare. Questo edificio, addossato alla Parrocchiale di San Martino e facente parte di un complesso architettonico molto antico, costituisce un unicum: per lungo tempo snobbato dalla critica artistica, è stato portato all’attenzione del pubblico da grande critico e intellettuale milanese Giovanni Testori negli anni settanta del Novecento e da allora è stato fatto oggetto di numerosi studi e volumi.

Tra questi, un posto di riguardo lo merita sicuramente “La ‘Fabrica’ della Via Crucis. Il Santuario di Cerveno tra ricerca e restauro”, curato da Marco Albertario. Un volume imponente, edito da BAMS che ha il merito di mettere ordine – in poco più di 350 pagine di pregevole fattura, al prezzo di 70 euro – nel corpus frammentario delle ricerche precedenti presentando uno studio organico di tutti gli aspetti relativi a questa straordinaria opera.

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Shiarrael - Emma Cremaschini

Shiarrael possiede solo il suo nome. “Ali delle stelle” significa, quelle stelle che l’hanno sempre protetta e guidata nel suo cammino. Non ha un passato Shiarrael, e nemmeno un futuro. Sa solo che nel colore della sua pelle è scritta la sua origine. Vive alla giornata, o meglio, vive il singolo attimo, costantemente in fuga dal mondo, senza sapere verso cosa sta fuggendo. Non le piace pensare perché “pensare di solito significava preoccuparsi. Preoccuparsi per dove avrebbe passato la notte, per che cosa avrebbe mangiato; preoccuparsi per il cibo che mancava, per i vestiti che erano troppo logori per riscaldarla”. Fino al giorno in cui il destino (o lo zampino di un’anziana governante!) le fa incrociare gli occhi di Ubertino Clerico.

Con “Shiarrael. Ali delle stelle” (LuoghiInteriori, 2024) la giovane scrittrice bresciana Emma Cremaschini torna per la quarta volta in libreria e ci regala una storia intensa, poetica e profondamente umana. Dopo aver raccontato il dramma della guerra in opere come "Ti porto con me", "Memorie di un fiore di campo" e "Aggrappati alle nuvole", Cremaschini cambia direzione per narrare la vicenda di una giovane zingara che vive per strada e improvvisamente vede di fronte a sé una possibilità inaspettata: sognare un futuro diverso.

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Ricordi di una vita - Natale Bonardi

Una biografia famigliare, dal gusto intimo, arricchita da molte testimonianze fotografiche, è il libro curato da Alberto Albertini e Giovanni Quaresmini dal titolo “Ricordi di una vita. Ero quello che non diceva mai no”, memoir di Natale Bonardi edito da Compagnia della Stampa. Si tratta di un libro che potremmo definire una sorta di diario orale, prettamente in forma di intervista, raccolto prima in lingua dialettale e poi tradotto (mantenendo però molte espressioni intraducibili), che si snoda senza un filo tematico principale, in un susseguirsi di ricordi che inseguono la logica naturale dell’ordine cronologico.

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L'ombra del campanile - Rodolfo Apostoli

“L’ombra del campanile” (Sonitus Edizioni, 2024) è un libro di Rodolfo Apostoli, dirigente scolastico per vent’anni e autore di numerosi saggi sulla scuola.

Intrecciando le vicende di personaggi reali e di fantasia, il testo racconta la storia di San Gallo, una frazione del paese di Botticino situata a est di Brescia, nello scorcio tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Il risultato è il ritratto di una comunità dedita al lavoro che vive gioie e sofferenze all’ombra di quel campanile che rappresenta orgogliosamente la sua identità.

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"Marzia che tanto piacque agli occhi miei" - Ugo Foscolo

Un sorriso tenue in un viso chiaro, ricci scuri trattenuti ai lati della testa e vispi occhi brillanti. Così appare a venticinque anni Marzia Martinengo, nobildonna bresciana vissuta tra il 1781 e il 1859, nel ritratto dipinto da Giovanni Battista Gigola e conservato alla pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia. Donna di cultura e appassionata lettrice, Marzia dà vita sin dai primi dell’Ottocento a un salotto letterario nel suo palazzo in piazza del Foro a Brescia, radunando intellettuali e artisti in un autentico “cenacolo”. È proprio grazie a questo salotto che, a ventisei anni, fa la conoscenza di un poeta trentunenne dal carattere impetuoso e dalla capigliatura fulva: Ugo Foscolo. Tra quest’ultimo e la giovane donna nasce una relazione amorosa clandestina, testimoniata da un’intensa corrispondenza con la quale, tra il 1807 e il 1809, Foscolo arriva a scrivere all’amata un totale di ben 150 lettere.

Il libro “«Marzia che tanto piacque agli occhi miei». 106 lettere di Ugo Foscolo a Marzia Martinengo” (La Vita Felice, 2024) riunisce buona parte delle lettere indirizzate a Marzia da Foscolo, con un’introduzione dal titolo “Ugo e Marzia” a cura del giornalista e scrittore Paolo Barbieri e con l’arricchimento di note bibliografiche. Le lettere, provenienti dalla raccolta della fondazione Ugo da Como e da quella della famiglia Lechi, sono tratte dal libro “Lettere inedite di Ugo Foscolo a Marzia Martinengo” (Felice Le Monnier, Firenze, 1939).

Nelle sue 164 pagine color avorio, il piccolo volume offre sfumature della sensibilità e dei sentimenti di uno dei più grandi poeti italiani del periodo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, evidenziando inoltre il suo legame con Brescia, la città in cui nel 1808 pubblica, con l’editore Bettoni, il celebre poema “Dei sepolcri”.

La recensione completa la trovate qui: https://www.bresciasilegge.it/106-lettere-di-ugo-foscolo-a-marzia-martinengo/

Come pietra - Romana Massetti

«…Non vedo alcuna ragione per cui a un paese dovrebbe essere permesso di diventare marxista perché il suo popolo è irresponsabile. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli.» (H. Kissinger)

Con questa citazione del 1970 attribuita a Henry Kissinger, allora vice presidente Usa dell’amministrazione Nixon, prende l’avvio il bel libro dell’insegnante di lettere nata e cresciuta a Chiari Romana Massetti, intitolato “Come pietra” (Argento Vivo, 2024) e ambientato tra Brescia e il Cile. Già dall’incipit è chiaro che il romanzo, opera di finzione letteraria, attinge a piene mani alla Storia, evidenziando le pesanti ingerenze statunitensi nella politica cilena degli anni Settanta del secolo scorso. Il romanzo d’esordio di Romana Massetti (laureatasi in storia all’Università degli Studi di Milano con una tesi proprio su Salvador Allende) ci aiuta a calarci nei fatti storici del Cile durante il golpe.

Ambientato dunque nel triste autunno del ‘73, il libro narra di un Paese consapevole e pronto all’imminente tragedia. Le notizie di un intervento militare si susseguono, la resistenza è all’erta e la stampa internazionale invia osservatori. Sandro Pietra è uno di questi. Giornalista, antifascista, corrispondente di una prestigiosa testata italiana, si trova a Santiago a documentare la crisi, a tessere relazioni e a raccogliere documentazione. Nel famigerato 11 settembre nulla è possibile contro la ferocia dei militari e la potenza dei blindati. Sin da subito Pietra entra nel mirino dei militari sia per gli articoli che invia in Italia, sia per i suoi rapporti con gli ambienti della resistenza. Il suo caro amico e collega cileno viene prelevato nella redazione di un giornale di sinistra e scompare. Le sue ricerche portano Pietra a scoprire cosa avviene all’interno dell’Estadio Nacional, le torture, le fosse comuni.

Trovate qui la recensione completa di Brescia si legge: https://www.bresciasilegge.it/come-pietra-romana-massetti/

La strage di Piazzale delle Pannocchie - Roberto di Martino

«Adesso si trovava lì, coinvolto in qualche cosa di ignoto e di imprevedibile, per realizzare qualcosa, non sapeva bene di quale contenuto, che probabilmente non corrispondeva minimamente ai suoi pensieri e alle sue aspirazioni. Tutto questo, per la stupida idea di continuare ad avere un ruolo nell’ambiente sociale di cui faceva parte, che non lo costringesse a sputarsi addosso quando si guardava allo specchio.»
(Roberto Di Martino, “La strage di Piazzale delle Pannocchie”, p. 76)

Provincia di Brescia, primi anni 70. Goffredo è un diciottenne riservato e insicuro che, più che altro per potersi sentire parte di un collettivo, nel tempo libero frequenta un gruppo di coetanei di estrema destra. Sono i tumultuosi anni dei terrorismi politici, delle bombe e dei sequestri, in cui anche solo intrattenersi con dei giovani che sbandierano slogan neofascisti e si limitano a fare a botte coi rossi può avere gravi conseguenze. Anche per uno come Goffredo, che nonostante le sue frequentazioni si dichiara fermamente contrario a qualsiasi forma di violenza. Qualcuno che nella gerarchia dell’eversione nera sta molto più in alto del suo gruppuscolo di amici ha infatti messo gli occhi su di lui, convinto che la sua indole remissiva lo renda l’individuo perfetto a cui affidare un’atroce missione. Goffredo si ritroverà quindi presto invischiato in una trama ben più grande di lui, che stravolgerà per sempre la sua pacata esistenza e lo porterà a macchiarsi di un delitto terribile.

Con il romanzo “La strage di Piazzale delle Pannocchie” (LuoghInteriori, 2024), lo scrittore e magistrato Roberto Di Martino, ligure per nascita e bresciano d’adozione, ricostruisce, attraverso la coinvolgente vicenda del suo giovane protagonista, un verosimile attentato di matrice neofascista nel Nord Italia degli anni settanta. In ogni pagina, l’autore trasfonde la sua profonda conoscenza dei metodi e dell’organizzazione dell’eversione nera, maturata seguendo diversi processi per terrorismo, in particolare quello per la strage di piazza Loggia a Brescia del 28 maggio 1974.

Il suo è un libro duro e potente, confezionato con una scrittura asciutta che, restituendo le atmosfere dell’Italia degli anni di piombo, ripercorre un tragico capitolo del passato del nostro paese e fornisce al contempo importanti spunti di riflessione per leggere le ombre del presente.

La recensione completa la trovate qui: https://www.bresciasilegge.it/roberto-di-martino-piazzale-delle-pannocchie/

Lacrime sottratte alla pioggia - Davide Lombardi

L’avvocato Francesco Facchetti è un personaggio fuori dalle righe. Meteoropatico, musone e spesso imbronciato, è una di quelle persone a cui bisogna prestare attenzione quando gli si comunica una notizia, onde evitare cambi di umore improvvisi. Ma ha anche un grande dono. Riesce a vedere i particolari, a leggere i volti dei propri clienti, a notare elementi che ai più sfuggirebbero, anche con l’aiuto di una lente di ingrandimento.

Nato dalla penna superlativa del chirurgo Davide Lombardi, desenzanese di origini ma bresciano di adozione, classe 1975, questo bizzarro avvocato è protagonista di una trilogia di romanzi pubblicati tutti – curiosamente – nel 2024 da Marco Serra Tarantola editore. “Camera chiusa in spazio aperto“, “Una classe maledetta” e “Lacrime sottratte alla pioggia” sono una saga degna di attenzione che amalgama personaggi diversi tra loro, con storie ispirate dall’attualità e dalla cruda realtà.

Trovate qui la recensione completa di Brescia si legge: https://www.bresciasilegge.it/trilogia-davide-lombardi/

Una classe maledetta - Davide Lombardi

L’avvocato Francesco Facchetti è un personaggio fuori dalle righe. Meteoropatico, musone e spesso imbronciato, è una di quelle persone a cui bisogna prestare attenzione quando gli si comunica una notizia, onde evitare cambi di umore improvvisi. Ma ha anche un grande dono. Riesce a vedere i particolari, a leggere i volti dei propri clienti, a notare elementi che ai più sfuggirebbero, anche con l’aiuto di una lente di ingrandimento.

Nato dalla penna superlativa del chirurgo Davide Lombardi, desenzanese di origini ma bresciano di adozione, classe 1975, questo bizzarro avvocato è protagonista di una trilogia di romanzi pubblicati tutti – curiosamente – nel 2024 da Marco Serra Tarantola editore. “Camera chiusa in spazio aperto“, “Una classe maledetta” e “Lacrime sottratte alla pioggia” sono una saga degna di attenzione che amalgama personaggi diversi tra loro, con storie ispirate dall’attualità e dalla cruda realtà.

Trovate qui la recensione completa di Brescia si legge: https://www.bresciasilegge.it/trilogia-davide-lombardi/

Camera chiusa in spazio aperto - Davide Lombardi

L’avvocato Francesco Facchetti è un personaggio fuori dalle righe. Meteoropatico, musone e spesso imbronciato, è una di quelle persone a cui bisogna prestare attenzione quando gli si comunica una notizia, onde evitare cambi di umore improvvisi. Ma ha anche un grande dono. Riesce a vedere i particolari, a leggere i volti dei propri clienti, a notare elementi che ai più sfuggirebbero, anche con l’aiuto di una lente di ingrandimento.

Nato dalla penna superlativa del chirurgo Davide Lombardi, desenzanese di origini ma bresciano di adozione, classe 1975, questo bizzarro avvocato è protagonista di una trilogia di romanzi pubblicati tutti – curiosamente – nel 2024 da Marco Serra Tarantola editore. “Camera chiusa in spazio aperto“, “Una classe maledetta” e “Lacrime sottratte alla pioggia” sono una saga degna di attenzione che amalgama personaggi diversi tra loro, con storie ispirate dall’attualità e dalla cruda realtà.

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La tomba del cane - Gian Luca D'Aguanno

È forse uno dei luoghi più curiosi della città per la sua architettura insolita e per quel nome difficilmente spiegabile: la Tomba del Cane. Appollaiato sul monte Maddalena, a due passi dal centro, ma in posizione sufficientemente elevata da sovrastare la città ed essere riconoscibile a distanza, il monumento caratterizza lo skyline cittadino da quando, nel 1860, fu costruito su progetto di Rodolfo Vantini per ospitare le spoglie (che mai vi furono deposte) di Angelo Bonomini. Proprio questo enigmatico cenotafio, con i suoi misteri, è il nucleo attorno a cui si sviluppa l’appassionante vicenda del nuovo romanzo di Gianluca D’Aguanno, “La Tomba del Cane” (Mannarino Editore, 2025), terzo capitolo della saga poliziesca del fascinoso Capitano Spadafora.

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La città esclusa - Giancarlo Zappa

La fiducia in un carcere “utile” è alla base del pensiero di Giancarlo Zappa, “il padre dell’ordinamento penitenziario”. Così lo definisce Monica Calli, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Brescia, nell’introduzione alla nuova edizione de “La città esclusa” (Vannini Editrice, 2023), volume pubblicato in origine nel 2000 per la casa editrice La Quadra, in cui il magistrato analizza il rapporto tra comunità bresciana e questione carceraria nel XIX secolo, tracciando la propria visione del sistema penitenziario.

“Il carcere tradizionale, isolato, demonizzato, rifiutato era ed è l’università del crimine e rende così un pessimo servizio alla società”, sostiene Zappa che, dal 1987 al 1997, è stato responsabile della magistratura di Sorveglianza a Brescia. Per l’ordinamento erano anni di grande sperimentazione. Solo a partire dal 1975, infatti, l’esecuzione delle pene detentive iniziò a essere sottoposta alla vigilanza di un magistrato a tempo pieno, con una prima apertura concreta alle misure alternative al carcere.

La ristampa de “La città esclusa”, curata da Silvana Bini e Claudio Cambedda, riporta all’attenzione che merita il pensiero di Giancarlo Zappa, a testimonianza di una fase storica in cui la piena attuazione all’articolo 27 della Costituzione era un obiettivo condiviso da ampi segmenti della magistratura e delle istituzioni. La pena, intesa come “fatto sociale” e finalizzata alla rieducazione, appariva un traguardo possibile, da rivendicare nell’interesse dell’intera comunità. A distanza di anni, quella stagione sembra irrimediabilmente conclusa. Eppure le esigenze che la muovevano rimangono intatte anche nell’Italia di oggi, così come le criticità umanitarie e logistiche del sistema carcerario.

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Il partigiano tradito - Anna Maria Catano

“Libero! Libero di esprimere la mia opinione, libero di scrivere ciò che penso, libero di leggere ciò che voglio, libero di decidere cosa votare”.
“La giustizia sì […], ma anche la libertà, altrimenti che giustizia è se nega il più alto dei diritti? Ogni forma di totalitarismo, di qualunque ideale si vesta, minaccia la libertà”.
(Parole di Franco Passarella tratte da “Il partigiano tradito” di Anna Maria Catano, p. 114)

Quella del giovanissimo Franco Passarella è una pagina scomoda e incredibilmente triste nella storia della Resistenza bresciana. È il 19 giugno 1944 quando il diciottenne lascia la famiglia e la casa a Brescia per unirsi alle brigate partigiane di montagna contro l’oppressione fascista e l’occupazione nazista. A causa delle emorragie al naso di cui soffre sin da bambino, è esentato dal servizio militare e potrebbe quindi solo pensare a mettersi al sicuro, lasciando fare la guerra agli altri. Ma lui vuole essere un partigiano, come ripete con convinzione alla madre e alla sorella. E allora, appena sostenuti gli orali di maturità al liceo classico Arnaldo di Brescia, parte. Vuole andare incontro ai “ribelli per amore”, ai resistenti che scelgono, tra mille pericoli, di battersi per un puro ideale di giustizia e di libertà. In Val Camonica, un destino avverso e crudele gli fa però incontrare la banda di Solato, un gruppo di violenti che ha aderito alle Fiamme Verdi, e la sua vita da ribelle giunge a una fine prematura e inaccettabile.

Con “Il partigiano tradito” (San Paolo, 2024), Anna Maria Catano racconta la storia dello zio Franco in un coinvolgente romanzo storico che ci conduce dapprima nella Brescia del fascismo e della guerra e, poi, sui sentieri montuosi della Resistenza, per rinnovare la memoria di un coraggioso ragazzo innamorato della libertà. La toccante e dura vicenda è arricchita da capitoli in cui l’autrice, riportando le testimonianze da lei raccolte a Brescia e in Val Camonica, ricostruisce le dinamiche della morte dello zio e mette in luce le controversie che nel dopoguerra hanno impedito alla verità sui fatti di emergere. Completano il volume una prefazione di monsignor Domenico Sigalini, vescovo emerito di Palestrina, e un’introduzione dello storico Mimmo Franzinelli.

La recensione completa la trovate qui: https://www.bresciasilegge.it/franco-passarella-il-partigiano-tradito-anna-maria-catano/

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