Rete Bibliotecaria Bresciana e Cremonese

Le acque scure e limpide del lago di Bracciano riflettono i capelli di fuoco di Gaia, uguali a quelli della madre Antonia la Rossa che con determinazione e coraggio ha trascinato la sua famiglia lontano da Roma, con la speranza di poter avere un futuro. Antonia insegna ai propri figli a reagire ai torti subiti, ma vuole per loro un vita diversa dalla sua e per questo si impone con forza nelle scelte di vita di Gaia che non può fare altro che obbedire.
Gaia prende il treno ogni giorno per andare a scuola, si applica sui libri fino a tarda notte, diventa la studentessa modello con il massimo dei voti; ma le piace anche sparare e le si accendono gli occhi quando è circondata dalla violenza, a cui lei stessa ricorre per non piegarsi alle ingiustizie. Vorrebbe somigliare alle sue coetanee, ma allo stesso tempo non riesce rinunciare a sé stessa, alla sua storia di sacrifici e lotte per ottenere quello che per gli altri è scontato.
Proprio nel momento in cui Gaia sembra aver preso in mano la propria vita, tutto cade nuovamente a pezzi. “Ci hai mai pensato all’acqua? Dicono acqua dolce, ma è una bugia. Questa acqua ha il sapore della benzina, quando avvicini l’accendino prende fuoco.” Il rosso dei capelli di Gaia diventa un tutt’uno con il fuoco che distrugge e non dà possibilità di ricostruire.

✒️“Le mie parentesi quadre sono vuote, non ho radici latine, sanscrite, francesi, non ho prefissi o suffissi, sono una definizione mancata.”

Ho letto questo romanzo ancora il mese scorso, ma non ero riuscita a scriverne una recensione ancora; ci tenevo a farlo prima dell'annuncio del vincitore del Premio Strega 2021, che è proprio stasera, giovedì 8 luglio, perché l'opera di Giulia Caminito ha secondo me buone possibilità di essere tra i primi tre.

"L'acqua del lago non è mai dolce" è un romanzo di formazione scritto davvero bene, con uno stile personale, deciso e tagliente. Si sente che è stato fatto un lavoro di editing molto fino, in quanto ogni periodo è curatissimo. Inoltre, anche se qualche frase ha perso un po' di naturalezza, è rimasta molta scorrevolezza, e il testo risulta coerente in tutte le sue trecento pagine.

"So soltanto che della nostra infanzia bisogna tacere i dettagli, di nostro padre diciamo che è invalido e non altro, sulla casa diciamo che ci abitiamo e non altro. Non è fingere e non è mentire, è omettere."

La storia è narrata in prima persona, scelta che consente in molti momenti di empatizzare facilmente con la protagonista, Gaia; in altri passaggi non si riesce altrettanto bene a condividere le sue azioni, ma comunque si dà loro una ragione, grazie al suo carattere che si conosce bene. Infatti si cresce assieme a Gaia, dalla pre-adolescenza all'università, tra una racchetta di tennis, un dizionario e, ovviamente, il lago. Dal punto di vista dell'intreccio, forse a Gaia in questi anni succedono tante, troppe cose, più per rafforzare il sentimento con cui lei reagisce e che è uno dei temi principali del libro: la rabbia. Come altri libri scritti in quest'anno pandemico, un altro soggetto fondamentale è quello della casa: ricercarne una, viverci, abituarvisi, combattere per tenerla.
Gaia affronta diverse lotte, nelle relazioni con la madre e le amiche, con i ragazzi, con la gente di città, con sé stessa. Il finale, per quanto in linea con il resto del romanzo, mi ha lasciato qualcosa di sospeso. In ogni caso, Giulia Caminito si conferma una giovane autrice - ormai non più emergente - da tenere sott'occhio nei prossimi anni della letteratura italiana.