Romanzo d’esordio di David Foster Wallace, “The Broom of the System”, pubblicato in America nel 1987, si ispira alle teorie linguistiche di Wittgenstein, studiate da Wallace negli anni universitari all’Amherst College.
In Italia, il romanzo è stato pubblicato nel 1999 da Einaudi con il titolo “La scopa del sistema”.
Lenore Beadsman è la figlia di un ricco industriale che produce prodigiosi alimenti per bambini. Lavora come centralinista per la casa editrice Frequent & Vigorous e ha una relazione con Rick Vigorous, il suo capo.
Una mattina, Lenore riceve una chiamata dalla casa di cura dove risiede la sua omonima bisnonna, che aveva seguito a Cambridge le lezioni di Wittgenstein. Lenore Beadsman è misteriosamente sparita della struttura insieme ad altri venticinque ospiti.
Ma questo è solo uno dei tanti problemi che la giovane Lenore deve affrontare in quello che si delinea come un percorso di autodeterminazione. Dalle sedute con uno psicoterapeuta dai metodi particolari ai malfunzionamenti del centralino della casa editrice; dalla straordinaria loquacità del pappagallo Vlad l’Impalatore alla mania di Norman Bombardini di voler fagocitare l’universo; dall’incontro con Andrew Lang, alla crescente gelosia di Rick che continua a raccontare a Lenore le trame dei manoscritti che giungono alla casa editrice.
“La scopa del sistema” è un turbinio di storie enigmatico e travolgente, dal quale emerge il ritratto di un’America esilarante e grottesca.
“Questa è l’acqua” (Einaudi, 2009 – traduzione di Giovanna Granato) raccoglie sei testi inediti in Italia: cinque racconti, pubblicati in America su diverse riviste tra il 1984 e il 1991, e le trascrizione del discorso pronunciato da Wallace ai laureati del Kenyon College il 21 maggio 2005. Nell’edizione italiana, la raccolta è introdotta dalla prefazione “David Foster Wallace” di Don DeLillo che corrisponde a una versione rivista del discorso tenuto in ricordo di David Foster Wallace a New York il 23 ottobre 2008 e si conclude con la postfazione “Così nascosto in bella vista” di Luca Briasco.
Nei brevi – a volte fulminei – racconti giovanili di questa raccolta postuma si possono già intravedere temi che risulteranno centrali nella successiva produzione letteraria e saggistica di Wallace e la sua propensione alla sperimentazione stilistica.
In un'assolata domenica d'estate a Yvetot, Annie ascolta per caso la conversazione tra la madre e un'altra donna. All'età di dieci anni viene così a sapere di aver avuto una sorella, Ginette, morta due anni prima che lei nascesse.
L'altra figlia è una lunga lettera che Annie scrive alla sorella mai conosciuta «per lasciarsi alle spalle il fuori fuoco del vissuto».
In questo breve romanzo autobiografico, l'autrice si interroga sulla sua vita passata e sul silenzio dei genitori, sulla gelosia infantile verso la sorella e sui sensi di colpa per questo sentimento ingiustificato.
Annie si rende conto che è impossibile parlare di un vero e proprio rapporto fraterno: le due sorelle, nate dagli stessi genitori, nell'impossibilità di conoscersi sono in realtà condannate a un'esistenza da figlie uniche.
In questo lucido racconto introspettivo, il lettore arriva così a domandarsi chi sia davvero l'altra figlia. Ginette, la cui esistenza non è mai stata comunicata alla sorella, o Annie, che mai sarebbe nata senza la morte di Ginette?
"In quelle immagini non ti penso mai al mio posto. Non riesco a vederti dove mi vedo con loro. Non ti posso mettere dove sono stata io. Sostituire la mia esistenza con la tua. C’è la morte e c’è la vita. Tu o io. Per essere, ti ho dovuta negare."
“Brevi interviste con uomini schifosi” (“Brief Interviews with Hideous Men” nell’originale inglese) è una raccolta di 23 tra saggi e racconti scritti da David Foster Wallace nel 1999. L’opera è stata pubblicata in Italia da Einaudi nella traduzione di Ottavia Fatica e di Giovanna Granato, con l’introduzione di Fernanda Pivano. La prima edizione italiana, comparsa nel 2000, contava solo venti capitoli ed è stata successivamente ampliate in una nuova edizione integrale accompagnata anche un saggio del 2008 di Zadie Smith.
Le “Brevi interviste con uomini schifosi” si presentano come brani di domane e risposte, secondo la tecnica narrativa del «a domanda risponde», nei quali diversi uomini schifosi rispondono ai quesiti di un’anonima intervistatrice. Wallace non riporta le domande poste dalla donna, ma la sua personalità e la sua storia riescono a emergere dalle riposte degli interlocutori, tanto che, alla fine, lei può essere considerata la vera protagonista di questi capitoli. Nelle brevi interviste emerge il racconto della meschinità di personaggi viscidi, intrappolati nelle loro perversioni, in inquietanti idali di violenza e in una misoginia intrinseca.
La tagliente ironia con cui Wallace dipinge queste figure un po’ goffe e abituate a continui fallimenti in campo amoroso sfocia in uno humor macabro e il senso di ribrezzo suscitato dalle interviste finisce per diventare una calamita. Il lettore, infatti, davanti al racconto di stupri e perversioni sessuali vorrebbe forse chiudere il libro, ma allo stesso tempo non riesce a staccare gli occhi dalla pagina e continua a leggere, spinto dalla curiosità di capire quanto grande può essere il disgusto suscitato da questi uomini schifosi.
Nel piccolo volume “Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose“, edito per Feltrinelli nel 2020, Gianrico Carofiglio si pone fin dalle prime pagine l’obiettivo di indagare e rendere più evidenti i meccanismi che regolano il potere e la politica.
Tre sono i temi chiave che legano i vari capitoli di questo saggio: la gentilezza, il coraggio e la capacità di dubitare.
In un mondo pervaso dall’ignoranza, dalla paura e dall’odio, praticare gentilezza diventa un atto di coraggio; al contempo la capacità di dubitare e di porre domande si trasforma nella chiave che ci consente di aprire la chiusura mentale che vorrebbe imporre un certo tipo di politica.
Carofiglio analizza in modo dettagliato e attraverso esempi concreti le tecniche retoriche e dialettiche utilizzate dalla politica demagogica per accrescere la paura e sedimentare l’ignoranza. La tendenza al complottismo, l’utilizzo di “fatti alternativi” e le fallacie discorsive dei populisti, creano continui cortocircuiti argomentativi che di fatto impediscono il progresso, non solo a livello della conversazione, ma anche a un livello più ampio.
Carofiglio non si limita a descrivere, ma fornisce una serie di istruzioni concrete, rivolte a politici e cittadini, per “un’autodifesa dialettica e una lettura critica dei dibattiti pubblici”.
Un libro denso di spunti di riflessione, da tenere a portata di mano quando si assiste ai dibattiti politici in televisione per smascherare quella politica demagogica, priva di contenuti e fine a sé stessa.
Nel corso delle Grandi Dionisie, i più importanti agoni teatrali del mondo greco antico che avevano luogo ad Atene nel mese di Elafebolione (corrispondente al periodo tra fine marzo e inizio aprile), i tre tragediografi ammessi al concorso avevano l’obbligo di presentare una tetralogia, composta da tre tragedie seguite da un dramma satiresco. Quest’ultima rappresentazione, con i suoi toni comici e satireschi, si proponeva di alleggerire gli animi degli spettatori, provati moralmente dalle scene luttuose delle tre tragedie precedenti.
Il dramma satiresco poteva essere sostituito da altre tipologie di opere, purché caratterizzate da un lieto fine, come è attestato dall’Alcesti di Euripide (acquista qui), portata in scena ad Atene nel 438 a.C. quale rappresentazione conclusiva di una tetralogia che comprendeva le tragedie Le Cretesi, Alcmeone a Psofide e Telefo. L’opera ripercorre il mito di Alcesti e Admeto, il quale aveva ottenuto da Apollo la possibilità di sfuggire a Thanatos, a patto che qualcun altro morisse al suo posto. Alcesti si sacrifica per amore e muore al posto del marito, ma grazie all’inaspettato intervento di Eracle, amico di Admeto, è sottratta al regno degli inferi e restituita alla vita.
L’Alcesti, opera unica nel suo genere, è stata definita dagli studiosi come una tragicommedia o come una favola dai toni satireschi. La scelta tragica di Alcesti di abbracciare il proprio destino è infatti controbilanciata dalla figura di un Eracle ubriacone protagonista di alcune sue scene di scherzi e gozzoviglia, tipiche del dramma satiresco, e da un lieto fine che è preannunciato agli spettatori nel prologo dialogato tra Apollo e Thanatos.
[https://www.francescacocchi.it/2022/05/27/euripide-alcesti-analisi-e-trama/]
Ho acquistato una copia di “Cuore di tenebra” nel 2011 e leggendolo per la prima volta la me allora quindicenne era rimasta colpita soprattutto dalla cupa ambientazione della selvaggia foresta africana. Probabilmente influenzata anche dal titolo, immaginavo che il battello di Marlow navigasse nel fiume circondato da un’oscurità perenne.
Di certo, non ero ancora pronta a cogliere tutta la profondità di questo testo.
Ho quindi deciso di concedermi una seconda lettura (o forse una prima, dato che la me venticinquenne è una persona totalmente diversa dalla me del 2011) per spingermi ancora più a fondo nella verbosa prosa di Conrad.
“Cuore di tenebra” è infatti un denso fiume di parole che guida il lettore nel racconto dell’incubo a occhi aperti vissuto da Marlow durante i mesi trascorsi in Africa al servizio della Compagnia dedita al traffico di avorio. Questo racconto introspettivo nasconde in realtà un’aspra accusa al colonialismo e allo sfruttamento delle popolazioni indigene. Questa mentalità si personifica in Mr. Kurtz, un personaggio evocato con grandi aspettative nella prima parte del romanzo che si rivela infine un uomo folle, considerato come una divinità dagli indigeni e ormai incapace di comprendere le conseguenze morali delle proprie azioni.
Chissà cosa avrà ancora da raccontarmi questo testo, quando in futuro lo leggerò di nuovo.
“Splendi come vita” è la storia di un legame tra una Madre e una figlia adottata, un legame fatto di amore e della paura che questo amore sia in realtà solo una copia sbiadita di quello esistente tra madre biologica e figlia. Madre, infatti, non riesce a convincersi dell’autenticità dell’affetto che la figlia prova nei suoi confronti, tanto da allontanarla continuamente da sé.
“Madre adesso sapeva che sapevo che il suo sangue non era il mio sangue.
Madre credeva che l’amore non potesse diventare sangue.
Sbagliava, per insicurezza ed eccesso di logica. Ma è andata così.”
Per Maria Grazia Calandrone la scrittura diventa l’occasione per ripercorrere la storia del suo rapporto con la madre, un racconto personale e autobiografico che cerca però di dare vita a modelli universali di relazioni familiari; da qui la scelta di indicare Madre, Padre, Nonna con l’uso della maiuscola e senza l’aggettivo possessivo. A fare da sfondo a questa vicenda, le rapide trasformazioni culturali e politiche che attraversano l’Italia tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta.
In un elegante prosimetro le sezioni narrative, che presentano gli avvenimenti collettivi, si alternano a passi in cui la prosa diviene sempre più lirica fino trasformarsi in versi che riescono a far risplendere il profondo dolore del rapporto tra Madre e Figlia.
Tra le pagine azzurre di questo libro prende forma, in un elegante prosimetro, la vita immaginata durante la pandemia.
Il rumore delle sirene scandisce nel primo capitolo i "Movimenti" del mondo esterno, della natura che continua il suo corso e delle bare che sfilano sotto il sole. All'interno, tra le mura di casa, «il tempo passa come uno straniero». La prosa dei capitoli centrali diventa un lento percorso di rinascita. La voce e i singoli fonemi diventano nuovo esercizio di comunicazione che assume una dimensione salvifica; ma per raggiungere la salvezza si attraversano anche oscure previsioni di un futuro di cyborg e di un orizzonte bidimensionale appiattito dai social network.
I versi tornano a scorrere negli ultimi capitoli: il sole splende ora su palloni sporchi di fango in un silenzio che sa finalmente di paradiso. "Il finale" riserva una formula apotropaica, un invito all'oscurità che nasconde però la speranza di un'eterna consolazione.
"Memorie di un libraio" è una raccolta di saggi e articoli che mi hanno permesso di conoscere la versione a me inedita di un Orwell libraio, intento a osservare e catalogare le diverse tipologie di frequentatori delle librerie nella Londra degli anni Trenta.
Orwell ci guida nel mondo dei libri e della letteratura, con una sguardo attento e ironico che gli permette di fare riflessioni ancora attuali. Infatti, già nel 1946 Orwell affermava che «se il nostro consumo di libri rimane basso come è stato, almeno lasciateci dire che è perché leggere è un passatempo meno eccitante rispetto alle corse dei cani, al cinema o al pub, e non perché i libri, comprati o presi in prestito, sono troppo costosi».
Orwell parla della dura e sottopagata vita del recensore ("Confessioni di un recensore" ) e riflette anche sulle ragioni che lo hanno portato a diventare uno scrittore ("Perché scrivo").
Il saggio più articolato di questa raccolta, "La prevenzione della letteratura", ci riporta invece alle riflessioni che tradizionalmente associamo agli scritti orwelliani, in quanto riflette sulle limitazioni che il totalitarismo può imporre alla libertà intellettuale e di come la letteratura in prosa rischia di essere la più colpita, in quanto prodotto del razionalismo e dell’autonomia individuale.
La scrittrice di successo è riuscita a riscattare anni di delusioni e ha finalmente ottenuto quello che da giovane ha sempre desiderato, essere ammirata e desiderata dagli altri. Basta, però, l’incontro con Federica, migliore amica ai tempi del liceo, e con sua sorella Livia, la più bella e desiderata ai tempi della scuola, per ripiombare nelle fragilità dell’adolescenza.
“Torna indietro, scrittrice, torna alla notte di tenebre della tua giovinezza, è forse racchiuso lì il segreto di tutto?”
Il presente e il passato si intrecciano in un racconto sempre più incalzante che ruota attorno alla notte in cui Livia è caduta dal terrazzo, condannando il suo corpo e la sua mente a un’eterna giovinezza. Nel suo confrontarsi con Livia – un confronto a parti inverse rispetto al passato – la scrittrice mette in discussione sé stessa, la sua storia, il suo lavoro, il rapporto con gli uomini e la distanza sempre più incolmabile dalla figlia Anita. Emergono così le paure lasciate in eredità da un’adolescenza imperfetta che l’ha resa un’adulta con il terrore di far ricadere i propri difetti sulla figlia.
La voce narrante interna in prima persona con il suo continuo rivolgersi e ammiccare al lettore contribuisce a dare vita a un romanzo in cui il confine tra realtà e finzione diventa sempre più sfumato, fino quasi a sparire del tutto.
Arrivata alla soglia dei novant’anni, Edith Bruck sente l’esigenza di raccontare la propria storia attraverso il Novecento e i primi decenni del terzo millennio, per ricordare e per far ricordare.
Il libro si apre con il ricordo dell’infanzia spensierata, ma velata dall’ombra della povertà in un’Ungheria sempre più antisemita. A soli tredici anni, la piccola Edith viene caricata assieme alla propria famiglia su un treno che la condurrà in un campo di concentramento.
“Nessuno avrebbe potuto dire se il viaggio stesse durando molto o poco, il tempo reale, come la mia infanzia, era sparito e quello interiore ciascuno lo viveva secondo i propri sensi”.
Edith viene trasferita da un campo di prigionia a un altro e grazie al sostegno della sorella Judit riesce a sopravvivere a questo inferno. Il futuro, “l’avanzo di vita”, da loro conquistato si rivela però un peso, soprattutto per gli altri familiari che non hanno visto e vissuto l’orrore della morte.
Per Edith ha quindi inizio una nuova odissea che dall'Ungheria la porterà in Israele, che si rivelerà tanto diverso dalla terra promessa sognata dal popolo ebraico, fino ad approdare in Italia, che Edith riconoscerà come il proprio Paese.
Nel corso di questi viaggi, la scrittura assume per Edith un valore catartico e le parole diventano il mezzo attraverso cui poter finalmente espiare il peso del proprio passato.
In una realtà turbata si muovono personaggi incapaci di evoluzione e cambiamento, costretti a ripetere in continuazione le medesime azioni.
Mario, il protagonista, fatica a ricordare i sogni, le emozioni, il passato e per questo cerca di ancorare i propri ricordi a odori, a fotografie o a una data, come il 17 giugno, giorno del suo compleanno. Ma tutti questi stratagemmi si rivelano ingannevoli.
Mario vive la sua vita come un insieme di possibilità e al tempo stesso non è in grado di compiere una scelta; si lascia guidare dal caso – o dal destino, come direbbe il Gas, il Grande Artista Sconosciuto – e dalle decisioni degli altri.
La vita di Mario è triplice, perché vive tre diverse storie d’amore, nome dietro al quale si nasconde in realtà una profonda dipendenza nei confronti dell’altro. Mario riesce a realizzarsi nel rapporto di sottomissione e di violenza con Santiago, il giovane efebico dai biondi capelli, ma allo stesso tempo non può rinunciare a Bianca, che dando alla luce Agnese lo ha forse fatto diventare padre, e a Viola, la donna che diventerà sua moglie e che conduce lei stessa una doppia vita.
Le ripetizioni diventano anche un tratto stilistico del romanzo, che dovrebbe essere letto in formato cartaceo e non in formato ebook. Le scene ricorrenti creano un intreccio tra le vite dei protagonisti sempre più intricato, in grado di avvolgere e catturare il lettore attraverso una scrittura ipnotica e vivida.
“Il tempo è una somma di infinite ripetizioni con minime variazioni, infinite minime variazioni conducono alla cancellazione di tutto. Presto o tardi. Per il tempo, presto o tardi non fa differenza. Per il tempo ora è quasi come allora.”
Mito, dal greco antico μῦϑος parola o racconto, è una narrazione fantastica con valore simbolico attraverso cui la comunità, o il singolo, cerca di dare spiegazione a fenomeni culturali e sociali.
In questi sedici brevi racconti, Marchesini rielabora miti della tradizione classica, biblica e moderna, li manipola per assecondare le sue ossessioni fino a dar loro una nuova forma con esiti brillanti e geniali.
Così Ettore, correndo attorno alle mura di Troia, muta in una tartaruga paradossalmente irraggiungibile da un Achille sempre più simile a un disegno bidimensionale: il mito epico diventa filosofia. Gesù nel tempio, vedendo i genitori che lo ascoltano, è colto quasi da un'ansia da prestazione tipicamente adolescenziale che diventa l'unico ricordo della sua fanciullezza. Leopardi si confronta con il padre Monaldo e con i suoi limiti, in una reinterpretazione del suo tentativo di fuga da Recanati, miraggio di libertà ma anche di morte.
La prima parte del romanzo traghetta il lettore dalla poesia di Orfeo alla prosa dei giorni nostri; nella seconda, "Conoscersi", il mito diventa quindi la narrazione simbolica e personale, quasi archetipica, delle relazioni moderne. Nella fuga d'amore di Vera e Luca, una storia di pochi giorni e di poche pagine, si condensa la parabola dell'innamoramento e del disamore.
Una telefonata inaspettata costringe l'Arminuta, diventata una distinta professoressa, a un nuovo ritorno alle origini da cui ha, con fatica, cercato di allontanarsi.
Il precipitoso viaggio notturno da Grenoble a Pescara diventa quindi l'occasione per un lento percorso a ritroso nei ricordi di una vita di separazioni e abbandoni, ma anche di apparizioni improvvise, come quelle di Adriana.
Adriana è la sorella con cui ha "spartito un'eredità di parole non dette, gesti omessi, cure negate. E rare, improvvise attenzioni". È la sorella che porta scompiglio, come quando compare tremante e in fuga con il figlio Vincenzo tra le braccia, ma che sa anche scrutare a fondo nella realtà e intravede le crepe sottili nel rapporto tra l'Arminuta e Piero.
Adriana rappresenta il prepotente legame con la vita vera, quella che lei ha trovato a Borgo Sud, un microcosmo separato dove valgono altre regole e il tempo scorre più lento per conservare indelebili le tracce del passato.
Percorrendo le vie di Borgo Sud, l'Arminuta recupera frammenti di ricordi che lentamente si ricompongono in un perfetto mosaico che le consente di scoprire cosa è accaduto realmente alla sorella e che le permette di fare finalmente pace con il proprio passato.
✒️ "Il ricordo è una forma di recriminazione. È il perdono che non trovo.”
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La scopa del sistema - David Foster Wallace
Romanzo d’esordio di David Foster Wallace, “The Broom of the System”, pubblicato in America nel 1987, si ispira alle teorie linguistiche di Wittgenstein, studiate da Wallace negli anni universitari all’Amherst College.
In Italia, il romanzo è stato pubblicato nel 1999 da Einaudi con il titolo “La scopa del sistema”.
Lenore Beadsman è la figlia di un ricco industriale che produce prodigiosi alimenti per bambini. Lavora come centralinista per la casa editrice Frequent & Vigorous e ha una relazione con Rick Vigorous, il suo capo.
Una mattina, Lenore riceve una chiamata dalla casa di cura dove risiede la sua omonima bisnonna, che aveva seguito a Cambridge le lezioni di Wittgenstein. Lenore Beadsman è misteriosamente sparita della struttura insieme ad altri venticinque ospiti.
Ma questo è solo uno dei tanti problemi che la giovane Lenore deve affrontare in quello che si delinea come un percorso di autodeterminazione. Dalle sedute con uno psicoterapeuta dai metodi particolari ai malfunzionamenti del centralino della casa editrice; dalla straordinaria loquacità del pappagallo Vlad l’Impalatore alla mania di Norman Bombardini di voler fagocitare l’universo; dall’incontro con Andrew Lang, alla crescente gelosia di Rick che continua a raccontare a Lenore le trame dei manoscritti che giungono alla casa editrice.
“La scopa del sistema” è un turbinio di storie enigmatico e travolgente, dal quale emerge il ritratto di un’America esilarante e grottesca.
Questa è l'acqua - David Foster Wallace
“Questa è l’acqua” (Einaudi, 2009 – traduzione di Giovanna Granato) raccoglie sei testi inediti in Italia: cinque racconti, pubblicati in America su diverse riviste tra il 1984 e il 1991, e le trascrizione del discorso pronunciato da Wallace ai laureati del Kenyon College il 21 maggio 2005. Nell’edizione italiana, la raccolta è introdotta dalla prefazione “David Foster Wallace” di Don DeLillo che corrisponde a una versione rivista del discorso tenuto in ricordo di David Foster Wallace a New York il 23 ottobre 2008 e si conclude con la postfazione “Così nascosto in bella vista” di Luca Briasco.
Nei brevi – a volte fulminei – racconti giovanili di questa raccolta postuma si possono già intravedere temi che risulteranno centrali nella successiva produzione letteraria e saggistica di Wallace e la sua propensione alla sperimentazione stilistica.
[recensione completa: https://www.francescacocchi.it/2022/08/26/david-foster-wallace-questa-e-l-acqua/ ]
Re: L'altra figlia - Annie Ernaux
In un'assolata domenica d'estate a Yvetot, Annie ascolta per caso la conversazione tra la madre e un'altra donna. All'età di dieci anni viene così a sapere di aver avuto una sorella, Ginette, morta due anni prima che lei nascesse.
L'altra figlia è una lunga lettera che Annie scrive alla sorella mai conosciuta «per lasciarsi alle spalle il fuori fuoco del vissuto».
In questo breve romanzo autobiografico, l'autrice si interroga sulla sua vita passata e sul silenzio dei genitori, sulla gelosia infantile verso la sorella e sui sensi di colpa per questo sentimento ingiustificato.
Annie si rende conto che è impossibile parlare di un vero e proprio rapporto fraterno: le due sorelle, nate dagli stessi genitori, nell'impossibilità di conoscersi sono in realtà condannate a un'esistenza da figlie uniche.
In questo lucido racconto introspettivo, il lettore arriva così a domandarsi chi sia davvero l'altra figlia. Ginette, la cui esistenza non è mai stata comunicata alla sorella, o Annie, che mai sarebbe nata senza la morte di Ginette?
"In quelle immagini non ti penso mai al mio posto. Non riesco a vederti dove mi vedo con loro. Non ti posso mettere dove sono stata io. Sostituire la mia esistenza con la tua. C’è la morte e c’è la vita. Tu o io. Per essere, ti ho dovuta negare."
Brevi interviste con uomini schifosi - David Foster Wallace
“Brevi interviste con uomini schifosi” (“Brief Interviews with Hideous Men” nell’originale inglese) è una raccolta di 23 tra saggi e racconti scritti da David Foster Wallace nel 1999. L’opera è stata pubblicata in Italia da Einaudi nella traduzione di Ottavia Fatica e di Giovanna Granato, con l’introduzione di Fernanda Pivano. La prima edizione italiana, comparsa nel 2000, contava solo venti capitoli ed è stata successivamente ampliate in una nuova edizione integrale accompagnata anche un saggio del 2008 di Zadie Smith.
Le “Brevi interviste con uomini schifosi” si presentano come brani di domane e risposte, secondo la tecnica narrativa del «a domanda risponde», nei quali diversi uomini schifosi rispondono ai quesiti di un’anonima intervistatrice. Wallace non riporta le domande poste dalla donna, ma la sua personalità e la sua storia riescono a emergere dalle riposte degli interlocutori, tanto che, alla fine, lei può essere considerata la vera protagonista di questi capitoli. Nelle brevi interviste emerge il racconto della meschinità di personaggi viscidi, intrappolati nelle loro perversioni, in inquietanti idali di violenza e in una misoginia intrinseca.
La tagliente ironia con cui Wallace dipinge queste figure un po’ goffe e abituate a continui fallimenti in campo amoroso sfocia in uno humor macabro e il senso di ribrezzo suscitato dalle interviste finisce per diventare una calamita. Il lettore, infatti, davanti al racconto di stupri e perversioni sessuali vorrebbe forse chiudere il libro, ma allo stesso tempo non riesce a staccare gli occhi dalla pagina e continua a leggere, spinto dalla curiosità di capire quanto grande può essere il disgusto suscitato da questi uomini schifosi.
Recensione completa: https://www.francescacocchi.it/2022/06/04/david-foster-wallace-brevi-interviste/
Della gentilezza e del coraggio - Gianrico Carofiglio
Nel piccolo volume “Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose“, edito per Feltrinelli nel 2020, Gianrico Carofiglio si pone fin dalle prime pagine l’obiettivo di indagare e rendere più evidenti i meccanismi che regolano il potere e la politica.
Tre sono i temi chiave che legano i vari capitoli di questo saggio: la gentilezza, il coraggio e la capacità di dubitare.
In un mondo pervaso dall’ignoranza, dalla paura e dall’odio, praticare gentilezza diventa un atto di coraggio; al contempo la capacità di dubitare e di porre domande si trasforma nella chiave che ci consente di aprire la chiusura mentale che vorrebbe imporre un certo tipo di politica.
Carofiglio analizza in modo dettagliato e attraverso esempi concreti le tecniche retoriche e dialettiche utilizzate dalla politica demagogica per accrescere la paura e sedimentare l’ignoranza. La tendenza al complottismo, l’utilizzo di “fatti alternativi” e le fallacie discorsive dei populisti, creano continui cortocircuiti argomentativi che di fatto impediscono il progresso, non solo a livello della conversazione, ma anche a un livello più ampio.
Carofiglio non si limita a descrivere, ma fornisce una serie di istruzioni concrete, rivolte a politici e cittadini, per “un’autodifesa dialettica e una lettura critica dei dibattiti pubblici”.
Un libro denso di spunti di riflessione, da tenere a portata di mano quando si assiste ai dibattiti politici in televisione per smascherare quella politica demagogica, priva di contenuti e fine a sé stessa.
https://www.francescacocchi.it/2022/06/01/carofiglio-della-gentilezza-e-del-coraggio/
Alcesti - Euripide
Nel corso delle Grandi Dionisie, i più importanti agoni teatrali del mondo greco antico che avevano luogo ad Atene nel mese di Elafebolione (corrispondente al periodo tra fine marzo e inizio aprile), i tre tragediografi ammessi al concorso avevano l’obbligo di presentare una tetralogia, composta da tre tragedie seguite da un dramma satiresco. Quest’ultima rappresentazione, con i suoi toni comici e satireschi, si proponeva di alleggerire gli animi degli spettatori, provati moralmente dalle scene luttuose delle tre tragedie precedenti.
Il dramma satiresco poteva essere sostituito da altre tipologie di opere, purché caratterizzate da un lieto fine, come è attestato dall’Alcesti di Euripide (acquista qui), portata in scena ad Atene nel 438 a.C. quale rappresentazione conclusiva di una tetralogia che comprendeva le tragedie Le Cretesi, Alcmeone a Psofide e Telefo. L’opera ripercorre il mito di Alcesti e Admeto, il quale aveva ottenuto da Apollo la possibilità di sfuggire a Thanatos, a patto che qualcun altro morisse al suo posto. Alcesti si sacrifica per amore e muore al posto del marito, ma grazie all’inaspettato intervento di Eracle, amico di Admeto, è sottratta al regno degli inferi e restituita alla vita.
L’Alcesti, opera unica nel suo genere, è stata definita dagli studiosi come una tragicommedia o come una favola dai toni satireschi. La scelta tragica di Alcesti di abbracciare il proprio destino è infatti controbilanciata dalla figura di un Eracle ubriacone protagonista di alcune sue scene di scherzi e gozzoviglia, tipiche del dramma satiresco, e da un lieto fine che è preannunciato agli spettatori nel prologo dialogato tra Apollo e Thanatos.
[https://www.francescacocchi.it/2022/05/27/euripide-alcesti-analisi-e-trama/]
Cuore di tenebra - Joseph Conrad
Ho acquistato una copia di “Cuore di tenebra” nel 2011 e leggendolo per la prima volta la me allora quindicenne era rimasta colpita soprattutto dalla cupa ambientazione della selvaggia foresta africana. Probabilmente influenzata anche dal titolo, immaginavo che il battello di Marlow navigasse nel fiume circondato da un’oscurità perenne.
Di certo, non ero ancora pronta a cogliere tutta la profondità di questo testo.
Ho quindi deciso di concedermi una seconda lettura (o forse una prima, dato che la me venticinquenne è una persona totalmente diversa dalla me del 2011) per spingermi ancora più a fondo nella verbosa prosa di Conrad.
“Cuore di tenebra” è infatti un denso fiume di parole che guida il lettore nel racconto dell’incubo a occhi aperti vissuto da Marlow durante i mesi trascorsi in Africa al servizio della Compagnia dedita al traffico di avorio. Questo racconto introspettivo nasconde in realtà un’aspra accusa al colonialismo e allo sfruttamento delle popolazioni indigene. Questa mentalità si personifica in Mr. Kurtz, un personaggio evocato con grandi aspettative nella prima parte del romanzo che si rivela infine un uomo folle, considerato come una divinità dagli indigeni e ormai incapace di comprendere le conseguenze morali delle proprie azioni.
Chissà cosa avrà ancora da raccontarmi questo testo, quando in futuro lo leggerò di nuovo.
Splendi come vita - Maria Grazia Calandrone
“Splendi come vita” è la storia di un legame tra una Madre e una figlia adottata, un legame fatto di amore e della paura che questo amore sia in realtà solo una copia sbiadita di quello esistente tra madre biologica e figlia. Madre, infatti, non riesce a convincersi dell’autenticità dell’affetto che la figlia prova nei suoi confronti, tanto da allontanarla continuamente da sé.
“Madre adesso sapeva che sapevo che il suo sangue non era il mio sangue.
Madre credeva che l’amore non potesse diventare sangue.
Sbagliava, per insicurezza ed eccesso di logica. Ma è andata così.”
Per Maria Grazia Calandrone la scrittura diventa l’occasione per ripercorrere la storia del suo rapporto con la madre, un racconto personale e autobiografico che cerca però di dare vita a modelli universali di relazioni familiari; da qui la scelta di indicare Madre, Padre, Nonna con l’uso della maiuscola e senza l’aggettivo possessivo. A fare da sfondo a questa vicenda, le rapide trasformazioni culturali e politiche che attraversano l’Italia tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta.
In un elegante prosimetro le sezioni narrative, che presentano gli avvenimenti collettivi, si alternano a passi in cui la prosa diviene sempre più lirica fino trasformarsi in versi che riescono a far risplendere il profondo dolore del rapporto tra Madre e Figlia.
La vita immaginata - Giovanni Peli
Tra le pagine azzurre di questo libro prende forma, in un elegante prosimetro, la vita immaginata durante la pandemia.
Il rumore delle sirene scandisce nel primo capitolo i "Movimenti" del mondo esterno, della natura che continua il suo corso e delle bare che sfilano sotto il sole. All'interno, tra le mura di casa, «il tempo passa come uno straniero». La prosa dei capitoli centrali diventa un lento percorso di rinascita. La voce e i singoli fonemi diventano nuovo esercizio di comunicazione che assume una dimensione salvifica; ma per raggiungere la salvezza si attraversano anche oscure previsioni di un futuro di cyborg e di un orizzonte bidimensionale appiattito dai social network.
I versi tornano a scorrere negli ultimi capitoli: il sole splende ora su palloni sporchi di fango in un silenzio che sa finalmente di paradiso. "Il finale" riserva una formula apotropaica, un invito all'oscurità che nasconde però la speranza di un'eterna consolazione.
Memorie di un libraio - George Orwell
"Memorie di un libraio" è una raccolta di saggi e articoli che mi hanno permesso di conoscere la versione a me inedita di un Orwell libraio, intento a osservare e catalogare le diverse tipologie di frequentatori delle librerie nella Londra degli anni Trenta.
Orwell ci guida nel mondo dei libri e della letteratura, con una sguardo attento e ironico che gli permette di fare riflessioni ancora attuali. Infatti, già nel 1946 Orwell affermava che «se il nostro consumo di libri rimane basso come è stato, almeno lasciateci dire che è perché leggere è un passatempo meno eccitante rispetto alle corse dei cani, al cinema o al pub, e non perché i libri, comprati o presi in prestito, sono troppo costosi».
Orwell parla della dura e sottopagata vita del recensore ("Confessioni di un recensore" ) e riflette anche sulle ragioni che lo hanno portato a diventare uno scrittore ("Perché scrivo").
Il saggio più articolato di questa raccolta, "La prevenzione della letteratura", ci riporta invece alle riflessioni che tradizionalmente associamo agli scritti orwelliani, in quanto riflette sulle limitazioni che il totalitarismo può imporre alla libertà intellettuale e di come la letteratura in prosa rischia di essere la più colpita, in quanto prodotto del razionalismo e dell’autonomia individuale.
Re: Sembrava bellezza - Teresa Ciabatti
La scrittrice di successo è riuscita a riscattare anni di delusioni e ha finalmente ottenuto quello che da giovane ha sempre desiderato, essere ammirata e desiderata dagli altri. Basta, però, l’incontro con Federica, migliore amica ai tempi del liceo, e con sua sorella Livia, la più bella e desiderata ai tempi della scuola, per ripiombare nelle fragilità dell’adolescenza.
“Torna indietro, scrittrice, torna alla notte di tenebre della tua giovinezza, è forse racchiuso lì il segreto di tutto?”
Il presente e il passato si intrecciano in un racconto sempre più incalzante che ruota attorno alla notte in cui Livia è caduta dal terrazzo, condannando il suo corpo e la sua mente a un’eterna giovinezza. Nel suo confrontarsi con Livia – un confronto a parti inverse rispetto al passato – la scrittrice mette in discussione sé stessa, la sua storia, il suo lavoro, il rapporto con gli uomini e la distanza sempre più incolmabile dalla figlia Anita. Emergono così le paure lasciate in eredità da un’adolescenza imperfetta che l’ha resa un’adulta con il terrore di far ricadere i propri difetti sulla figlia.
La voce narrante interna in prima persona con il suo continuo rivolgersi e ammiccare al lettore contribuisce a dare vita a un romanzo in cui il confine tra realtà e finzione diventa sempre più sfumato, fino quasi a sparire del tutto.
Re: Il pane perduto - Edith Bruck
Arrivata alla soglia dei novant’anni, Edith Bruck sente l’esigenza di raccontare la propria storia attraverso il Novecento e i primi decenni del terzo millennio, per ricordare e per far ricordare.
Il libro si apre con il ricordo dell’infanzia spensierata, ma velata dall’ombra della povertà in un’Ungheria sempre più antisemita. A soli tredici anni, la piccola Edith viene caricata assieme alla propria famiglia su un treno che la condurrà in un campo di concentramento.
“Nessuno avrebbe potuto dire se il viaggio stesse durando molto o poco, il tempo reale, come la mia infanzia, era sparito e quello interiore ciascuno lo viveva secondo i propri sensi”.
Edith viene trasferita da un campo di prigionia a un altro e grazie al sostegno della sorella Judit riesce a sopravvivere a questo inferno. Il futuro, “l’avanzo di vita”, da loro conquistato si rivela però un peso, soprattutto per gli altri familiari che non hanno visto e vissuto l’orrore della morte.
Per Edith ha quindi inizio una nuova odissea che dall'Ungheria la porterà in Israele, che si rivelerà tanto diverso dalla terra promessa sognata dal popolo ebraico, fino ad approdare in Italia, che Edith riconoscerà come il proprio Paese.
Nel corso di questi viaggi, la scrittura assume per Edith un valore catartico e le parole diventano il mezzo attraverso cui poter finalmente espiare il peso del proprio passato.
Le ripetizioni - Giulio Mozzi
In una realtà turbata si muovono personaggi incapaci di evoluzione e cambiamento, costretti a ripetere in continuazione le medesime azioni.
Mario, il protagonista, fatica a ricordare i sogni, le emozioni, il passato e per questo cerca di ancorare i propri ricordi a odori, a fotografie o a una data, come il 17 giugno, giorno del suo compleanno. Ma tutti questi stratagemmi si rivelano ingannevoli.
Mario vive la sua vita come un insieme di possibilità e al tempo stesso non è in grado di compiere una scelta; si lascia guidare dal caso – o dal destino, come direbbe il Gas, il Grande Artista Sconosciuto – e dalle decisioni degli altri.
La vita di Mario è triplice, perché vive tre diverse storie d’amore, nome dietro al quale si nasconde in realtà una profonda dipendenza nei confronti dell’altro. Mario riesce a realizzarsi nel rapporto di sottomissione e di violenza con Santiago, il giovane efebico dai biondi capelli, ma allo stesso tempo non può rinunciare a Bianca, che dando alla luce Agnese lo ha forse fatto diventare padre, e a Viola, la donna che diventerà sua moglie e che conduce lei stessa una doppia vita.
Le ripetizioni diventano anche un tratto stilistico del romanzo, che dovrebbe essere letto in formato cartaceo e non in formato ebook. Le scene ricorrenti creano un intreccio tra le vite dei protagonisti sempre più intricato, in grado di avvolgere e catturare il lettore attraverso una scrittura ipnotica e vivida.
“Il tempo è una somma di infinite ripetizioni con minime variazioni, infinite minime variazioni conducono alla cancellazione di tutto. Presto o tardi. Per il tempo, presto o tardi non fa differenza. Per il tempo ora è quasi come allora.”
Miti personali - Matteo Marchesini
Mito, dal greco antico μῦϑος parola o racconto, è una narrazione fantastica con valore simbolico attraverso cui la comunità, o il singolo, cerca di dare spiegazione a fenomeni culturali e sociali.
In questi sedici brevi racconti, Marchesini rielabora miti della tradizione classica, biblica e moderna, li manipola per assecondare le sue ossessioni fino a dar loro una nuova forma con esiti brillanti e geniali.
Così Ettore, correndo attorno alle mura di Troia, muta in una tartaruga paradossalmente irraggiungibile da un Achille sempre più simile a un disegno bidimensionale: il mito epico diventa filosofia. Gesù nel tempio, vedendo i genitori che lo ascoltano, è colto quasi da un'ansia da prestazione tipicamente adolescenziale che diventa l'unico ricordo della sua fanciullezza. Leopardi si confronta con il padre Monaldo e con i suoi limiti, in una reinterpretazione del suo tentativo di fuga da Recanati, miraggio di libertà ma anche di morte.
La prima parte del romanzo traghetta il lettore dalla poesia di Orfeo alla prosa dei giorni nostri; nella seconda, "Conoscersi", il mito diventa quindi la narrazione simbolica e personale, quasi archetipica, delle relazioni moderne. Nella fuga d'amore di Vera e Luca, una storia di pochi giorni e di poche pagine, si condensa la parabola dell'innamoramento e del disamore.
Re: Borgo Sud - Donatella Di Pietrantonio
Una telefonata inaspettata costringe l'Arminuta, diventata una distinta professoressa, a un nuovo ritorno alle origini da cui ha, con fatica, cercato di allontanarsi.
Il precipitoso viaggio notturno da Grenoble a Pescara diventa quindi l'occasione per un lento percorso a ritroso nei ricordi di una vita di separazioni e abbandoni, ma anche di apparizioni improvvise, come quelle di Adriana.
Adriana è la sorella con cui ha "spartito un'eredità di parole non dette, gesti omessi, cure negate. E rare, improvvise attenzioni". È la sorella che porta scompiglio, come quando compare tremante e in fuga con il figlio Vincenzo tra le braccia, ma che sa anche scrutare a fondo nella realtà e intravede le crepe sottili nel rapporto tra l'Arminuta e Piero.
Adriana rappresenta il prepotente legame con la vita vera, quella che lei ha trovato a Borgo Sud, un microcosmo separato dove valgono altre regole e il tempo scorre più lento per conservare indelebili le tracce del passato.
Percorrendo le vie di Borgo Sud, l'Arminuta recupera frammenti di ricordi che lentamente si ricompongono in un perfetto mosaico che le consente di scoprire cosa è accaduto realmente alla sorella e che le permette di fare finalmente pace con il proprio passato.
✒️ "Il ricordo è una forma di recriminazione. È il perdono che non trovo.”