Rete Bibliotecaria Bresciana e Cremonese

“Una volta gliel'ho chiesto come mai è così morbido con la nipote. Perché non è mia figlia, ha risposto. Sono io sua figlia. È stato difficile combatterlo, e non ho ancora finito. Non sempre gli potevo andare contro, nel tempo mio padre ha avuto anche ragione sulla mia vita.”

Tagliamo subito la testa al toro: sono rimasta un po' delusa da questo romanzo perché mi aspettavo molto di più e, allo stesso tempo, molto di meno. Ho avuto come la sensazione che Di Pietrantonio sia rimasta in superficie nell'approfondire le relazioni principali tra Lucia (la protagonista voce narrante) e il padre, tra Lucia e la figlia Adriana, e tra Lucia e Doralice, una sua cara amica d'infanzia. La fragilità dei rapporti umani, così tanto ben descritti da Natalia Ginzburg in un suo racconto omonimo, qui l'ho intravista solo in alcune frasi, mentre fragili e a volte persino confusionari ho trovato i diversi piani temporali, tra il presente, il passato recente della pandemia e l'adolescenza di Lucia. Quest'ultimo è anche il periodo in cui si svolge anche la sotto-trama più delicata, con uno stupro e un duplice omicidio di cui ancora mi domando la motivazione nell'inserimento della storia. C'era già tanto, di cui narrare: perché caricare il libro anche di questo? Per lo più, quasi alimentando un po' la paura verso lo straniero? Considerando le abilità scrittorie di Di Pietrantonio ne “L'arminuta” e “Borgo sud”, non credo che la ragione sia perché non avrebbe saputo analizzare e sviscerare adeguatamente l'anima e i ruoli di Lucia come figlia, madre o amica. Di positivo c'è che “L'età fragile” scorre benissimo e che, a distanza di un mese in cui avevo interrotto la lettura a metà (perché il prestito dell'ebook sulla MediaLibraryOnline era scaduto), ricordavo ancora tutto perfettamente. Qualcosa arriva e resta.

“In certi momenti bisogna esserci nella vita dei figli, anche se sembra inutile. [...] La sua risolutezza mi ha impressionata. Glieli romperà la realtà quegli spigoli vivi.”