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Scoperta
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Defez, Roberto <1956->

Scoperta

Codice, 2018

Abstract: La ricerca scientifica non è un lusso culturale, ma la più concreta opzione per dare un futuro al paese e alle nuove generazioni, e per far tornare una parte del fiume di giovani che abbiamo formato in Italia e che possono lavorare solo all'estero. Genera occupazione qualificata, sviluppo imprenditoriale, innovazione di prodotto, ma serve anche alla sicurezza nazionale, alla tutela del territorio e dei beni culturali. Intorno si fanno strada l'antiscienza e la nostalgia di un passato durissimo che in gran parte ignoriamo. Paghiamo il mancato rinnovamento vendendo le nostre aziende storiche. Eravamo i proprietari di piccoli ristoranti, poi ne siamo diventati i cuochi e ora semplici camerieri. Il metodo scientifico è il modo per risalire la china, per modernizzare il paese, per compiere scelte non ideologiche in tutti i campi. Per premiare il merito e non il clan, per liberare energie e guidare il nostro futuro.

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Alice Raffaele
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Leggere "Scoperta" durante il secondo anno di dottorato di ricerca in Italia, pensando e sognando cosa potrebbe accadere al termine, è abbastanza scoraggiante.
Farlo mentre negli stessi giorni sono resi noti i risultati dell'VIII Indagine ADI su Dottorato e Post-Doc (https://dottorato.it/content/indagine-adi-2019), dove si stima che il 90,5% dei ricercatori attuali non resterà in accademia, lo è ancora di più.

Purtroppo ciò non è dovuto alla schiettezza della scrittura di Roberto Defez, primo ricercatore all’Istituto di Genetica e Biofisica "Adriano Buzzati Traverso" del CNR di Napoli, quanto più alla triste situazione della ricerca nel nostro Bel paese.

Approfittando dei casi più emblematici degli ultimi anni, come Stamina o la diffusione della Xylella negli ulivi pugliesi, nella prima parte del saggio Defez tratteggia come la fiducia verso la comunità scientifica e nei suoi risultati stia diminuendo sempre più.

"[...] si è diffusa la percezione di un esteso scetticismo verso i più autorevoli rappresentanti della comunità scientifica." - Pag. 60
"[...] ma succede invece che a persone di spettacolo venga chiesta, in pubblico, un'opinione su temi che non hanno potuto conoscere e studiare da professionisti." - Pag. 79

Prevalgono disinformazione o, peggio, mala informazione, notizie che hanno solo lo scopo di confondere, far traballare e insinuare dubbi persino su uno dei capisaldi di tutte le scienze: il metodo scientifico. Ciò in parte può essere imputato anche agli scienziati stessi, che dovrebbero imparare a fare una corretta divulgazione. Defez cita, come buon esempio, Roberto Burioni e i suoi interventi sul blog a difesa dei vaccini.

"Gli scienziati lavorano per il bene della società, non per il loro tornaconto immediato ed effimero, hanno lo sguardo lungo e progetti che si svilupperanno nei prossimi dieci o vent'anni, non hanno una prospettiva di pochi mesi. Naturalmente ci sono tante eccezioni, [...] ma la principale lezione che si dovrebbe trarre dalla vicenda degli OGM è che in parte, in buona parte, se questi hanno una reputazione così brutta, è anche colpa degli scienziati. È colpa degli scienziati che non hanno spiegato abbastanza, che non hanno capito quanto fosse fondamentale dialogare con il pubblico, che non sono riusciti ad agire con una sola voce, con un coordinamento, con una struttura adeguata alla rilevanza mediatica e sociale che il tema ha rivestito e continuerà a fare in futuro." - Pag. 93

Nella seconda parte del saggio, il focus è posto invece sui finanziamenti e i fondi concessi alla ricerca, in Italia come in altri stati europei. Tra il 2005 e il 2014, confrontando i progetti italiani finanziati con i bandi PRIN e quelli francesi dell'ANR, in media annualmente si riscontrano budget (31 milioni vs 500 milioni), numero di progetti, numero di impiegati e valutatori, e percentuale di successo (numero di progetti finanziati rispetto al numero di domande totali fatte, 6,7% vs 20%) tutti decisamente più elevati per i nostri vicini oltralpe.

"Qui si cerca di far competere in una maratona un atleta ben alimentato con un altro che non tocca cibo e acqua da giorni. Questa non è una competizione, è uno spreco di intelletti, cultura, inventiva, opportunità, innovazioni, brevetti e possibilità di impiego in aziende che creano occupazione e benessere, ma soprattutto è uno spreco di giovani." - Pag. 121

Il problema è sia nell'ammontare dei fondi e delle risorse, ma anche nelle tempistiche.

"Per alcuni progetti regionali di ricerca vengono montati affollati network a cui partecipano decine di singoli ricercatori e che includono chiunque abbia una vaga pertinenza nel campo in oggetto. Seguono riunioni, scambi di email, integrazione di progetti e lavoro di redazione, che si svolgono in maniera parossistica fino ad arrivare al giorno limite massimo della scadenza per la presentazione del progetto. Un volta presentato il progetto, si entra in una fase di letargo, in cui tutti i gruppi di ricerca coinvolti non sanno cosa succede e se il finanziamento arriverà mai. [...] Finanziare un progetto di ricerca sette anni dopo la sua redazione è semplicemente assurdo." - Pag. 127-128

Tale attesa snervante sarebbe più sopportabile (anche se sicuramente non sette anni) se la maggior parte dei ricercatori avesse una posizione stabile e certa. E invece:

"Esistono ricercatori che hanno avuto la lettera di presa di servizio per una certa data e 45 giorni dopo non hanno ancora firmato un contratto (e quindi ricevuto uno stipendio). Ci sono ricercatori senior a tempo determinato che hanno avuto varie proroghe dei loro contratti e che non hanno idea se il loro contratto sia stato o meno prorogato finché non lo scoprono indirettamente dall'accredito dello stipendio. Immaginatevi di trovarvi in una situazione simile: andate al lavoro tutte le mattine senza sapere se il vostro contratto è attivo o meno, per svolgere un'attività di ricerca scientifica in cui, tra programmazione degli esperimenti, l'indirizzo delle tesi di laurea degli studenti e la pubblicazione dei lavori scientifici, ogni azione che si compie ogni giorno in laboratorio ha una ricaduta media a tre anni." - Pag. 129

Si sta attraversando un ponte traballante, anzi, si sta camminando su una corda, con dei pesi in mano, senza una rete sottostante che possa attenuare le cadute, per raggiungere un'estremità distante anni. Viene quindi naturale cercare altri appigli, trovare dei piani B, dei cuscinetti per essere in grado poi di lavorare più tranquillamente.

"Tutta questa precarietà nella gestione dei fondi di ricerca obbliga, tuttavia, gli scienziati a proporsi per fare qualunque tipo di progetto su un qualunque campo vagamente attinente al proprio: la speranza è che per un progetto che non passa o non porta fondi in tempi brevi, ce ne sia un altro che riesca a compensare e a tenere in vita il laboratorio." - Pag. 130

Cosa possiamo fare? Per i fondi, continuare a denunciare la situazione corrente.
Per dialogare con il pubblico, Defez sottolinea due aspetti fondamentali da usare maggiormente e su cui investire di più, nel mondo della ricerca: il metodo di peer review e l'importanza del gruppo. Agire come una grande comunità, non come singoli ricercatori, coordinandosi e trattando problematiche di tutte le discipline scientifiche, appoggiandosi a valutazioni obiettive fornite da specialisti del settore, in modo tale da creare "fonti inesauribili di fatti da cui anche la stampa possa pescare dati".

"Le statistiche internazionali dimostrano che se si finanzia regolarmente la ricerca, questa diventa il miglior investimento possibile anche solo in termini finanziari. Scegliere di investire davvero in ricerca, non solo parlarne, è il modo migliore per fermare l'emorragia di teste e il declino del paese." - Pag. 166

Riusciremo a farlo capire? Insistiamo, anche con saggi come questo. Defez ha individuato le principali problematiche della ricerca in Italia, le ha analizzate e ne ha prescritto una potenziale cura. Sarà quella giusta? È perlomeno da tentare.

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